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Dall’invenzione della moneta ai primi casi di Signoraggio Bancario Dall’invenzione della moneta ai primi casi di Signoraggio Bancario
LA MONETA – Ma cos’è esattamente la moneta, o il denaro che dir si voglia? Qual è la sua funzione sociale, quale ruolo ha... Dall’invenzione della moneta ai primi casi di Signoraggio Bancario

LA MONETA – Ma cos’è esattamente la moneta, o il denaro che dir si voglia? Qual è la sua funzione sociale, quale ruolo ha avuto in tutta l’evoluzione umana? La risposta più scontata è questa: la moneta serve agli uomini per scambiare merci e servizi, senza dover ricorrere al baratto, mezzo alquanto scomodo e, impensabile da attuare dal momento in cui gli scambi commerciali diventano troppo complessi. Questa risposta, anche se corretta, risulta molto parziale. Due sono le definizioni finora utilizzate che identificano la moneta: una è quella di valore creditizio, nel senso che il possessore di una banconota vanterebbe un credito nei confronti della Banca di Emissione, l’altra, quella di valore convenzionale, che sta a significare che la moneta ha quel valore perché stabilito da una convenzione sociale. Essa, come diceva Aristotele, è il misuratore del valore delle cose, infatti come il metro misura la lunghezza così il denaro misura il valore di merci e servizi. Ma possiede inoltre in sé, come specificato da Auriti, grazie alla scoperta del valore indotto, anche il valore della misura, infatti, come il metro ha la caratteristica della lunghezza, così la moneta possiede in sé anche la caratteristica del valore dell’oggetto misurato. Pertanto non è solo unità di misura ma anche valore. Secondo la scuola auritiana la definizione della moneta è “Misura del valore e valore della misura”.

Tramite il baratto, le prime comunità di uomini iniziarono a scambiarsi le merci per ottenere ciò di cui avevano bisogno, generando di conseguenza anche relazioni tra individui. In seguito, per permettere scambi più complessi, che potremmo già definire “sociali”, vennero usati, come prime forme di pagamento, vari tipi di materiali come ad esempio i semi di cacao, le conchiglie, oppure il sale, (ancora oggi si usa il termine “salario” per indicare lo stipendio ricevuto). Questa prima moneta era in effetti solo ed esclusivamente un indicatore di valore, convenzionalmente accettato. Era propriamente una moneta “creata dal nulla”, dato che ce n’era in abbondanza, chiunque poteva procurarsene, il suo valore, simbolico, era strettamente sociale, legato al rapporto interpersonale soggetto al controllo della comunità. Mano a mano che gli scambi si allargavano, questo sistema non offriva sufficienti garanzie, pertanto occorreva limitare la circolazione dello “strumento di scambio”. Con l’introduzione dei metalli preziosi (oro, argento e bronzo) si avvia il primo vero sistema basato sul denaro, inteso anche come moneta merce e non solo come valore convenzionale. I metalli, infatti, avevano tutte le caratteristiche necessarie per essere usati come misuratori del valore, non si degradavano col tempo ed erano rari. Fu possibile usare il metallo come “metro di misura del valore” perché si creò una convenzione sociale che lo consentì. Ma contemporaneamente, data la scarsità dei metalli preziosi, e data la possibilità di utilizzare gli stessi metalli per confezionare, ad esempio gioielli, si fece strada la pratica e l’idea di considerare la moneta stessa come una merce, modificandone la natura stessa.

Per facilitare gli scambi commerciali, in seguito, venne inventato il “conio”, cioè quell’operazione che consisteva nel fondere il metallo prezioso per trasformarlo in denaro. Così facendo, si evitava la scomoda operazione di misurazione del peso. Durante la fusione, su ogni disco, veniva inciso sopra l’esatto numero che stava ad indicare la giusta quantità di metallo prezioso con il quale era stato realizzato. Con il conio nacque, in alcuni casi, una prima forma di “signoraggio”. Da ricerche archeologiche effettuate su varie monete antiche, si è scoperto che già in epoca romana alcune di esse recavano inciso sopra un numero che non corrispondeva alla reale quantità di metallo prezioso impiegata. L’imperatore del tempo, dimezzando l’oro oppure mischiandolo ad altri materiali meno nobili, ne traeva guadagno risparmiando metallo prezioso.

La “coniazione” moderna del termine Signoraggio risale al medioevo, quando il diritto di creare moneta apparteneva ai Re. In quel periodo, se qualcuno avesse voluto trasformare il proprio oro in monete, sarebbe dovuto andare dal Sovrano che per diritto di conio avrebbe trattenuto una determinata quantità d’oro. Il termine, come ho accennato all’inizio, è composto da due parole “Signore” e “Aggio”. Il termine aggio sta a indicare il guadagno che il signore tratteneva per sé, giustificato dal fatto che ad esempio doveva pagare eserciti e difendere confini. Il ricavo medio trattenuto dal Re era circa del 10%, molto diverso da quello che avviene oggi. Da questo, comprendiamo come il Signoraggio sia un qualcosa di reale, che non ha nulla di “complottistico” o di particolarmente “misterioso” come affermato dal pensiero dominante.

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