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Curare i sani: obiettivo stuzzicante Curare i sani: obiettivo stuzzicante
Giorgio Dobrilla, oggi in pensione, è stato professore di metodologia clinica all’Università di Parma e Primario gastroenterologo presso l’ospedale di Bolzano, città nella quale... Curare i sani: obiettivo stuzzicante

Giorgio Dobrilla, oggi in pensione, è stato professore di metodologia clinica all’Università di Parma e Primario gastroenterologo presso l’ospedale di Bolzano, città nella quale tutt’ora vive.

L’articolo che segue venne pubblicato sul suo sito nell’ormai lontano 2009, ma potrebbe essere stato scritto… domani. Lo ringraziamo per averci concesso di ripubblicarlo.

In un celebre aforisma Jules Romain dice che “Ogni sano è un malato che non sa di esserlo”. Utilizzando il concetto di Umberto Eco secondo il quale gli aforismi possono essere rovesciati (“aforismi cancrizzabili”),  io ho fatto presente in altra occasione che non di rado “I malati sono sani che non sanno di esserlo”. Questa mia versione provocatoria, riguardante ovviamente i cosiddetti malati immaginari, è invece presa molto sul serio da chi nelle aziende farmaceutiche ritiene lecito incentivare al massimo i profitti producendo farmaci non necessari (e talora dannosi) per gli individui… sani.  Lo ha ammesso senza alcun imbarazzo Henry Gadsen,  a capo trent’anni fa di una grande industria mondiale (Merck), in un “outing” riportato dalla rivista “Fortune”. Nell’intervista Gadsen confessava candidamente che per lui limitare il mercato dei farmaci ai soli malati era davvero…”assurdo” (sic!). I medicinali dovevano, secondo la sua logica, essere visti come ogni altro prodotto di consumo, come l’acqua minerale o la gomma da masticare, qualcosa insomma che possa interessare tutti e, soprattutto, che possa venire acquistata dai sani, ben più numerosi dei malati. Questa filosofia ha molti proseliti tra gli “uomini d’affari” e pertanto non dovrebbe destar meraviglia che pure la commercializzazione della salute sia all’attenzione delle aziende produttrici di farmaci, convenzionali o “alternativi”. Realizzare questo progetto di curare chi non ne ha bisogno non è del resto (ahinoi!) molto complicato. Basta per esempio trasformare i fattori di rischio in malattie: così la prevenzione delle malattie (obiettivo di indiscutibile valore) diventerà prevenzione dei fattori di rischio con seguente immediato ampliamento dei possibili interessati. Un secondo espediente sarà quello di abbassare in modo apparentemente motivato i valori considerabili “normali” di un parametro: se, ad esempio, il valore massimo del colesterolo plasmatico lo riducessimo da 200 a 150 ciò comporterebbe un immediato aumento di soggetti  del tutto sani che, trovandosi nei referti di laboratorio il fatidico “asterisco” per valori superiori a 150 mg%, riterranno necessario farsi curare. Un terzo espediente sarà quello di abbassare anche l’età considerata ottimale per l’inizio di una prevenzione: restando sui  farmaci che notoriamente abbassano il livello del colesterolo nel nostro sangue (le cosiddette “statine”), la prescrizione in età infantile è stata già ventilata da qualcuno. A sostegno di queste prevenzioni non necessarie  e non prive di rischi si porteranno studi clinici di ricercatori talora in buona fede ma più spesso compiacenti, oppure articoli di riviste che non vanno tanto per il sottile o persino riviste dal titolo prestigioso ma…inesistenti, cioè del tutto inventate, sulle quali mi sono precedentemente soffermato. Talora i benefici di un composto sono dimostrabili solo a prezzo di studi molto ampi o di studi su casistiche poco ampie ma valutati nel loro insieme (meta-analisi), proprio perché altrimenti i vantaggi del farmaco non emergerebbero. Infatti, quando l’efficacia di un medicinale in prevenzione o in terapia è marcata, non sono necessari numeri molto alti di soggetti per documentarla. Si tratta di studi costosi che esigono un rientro, eppure il marketing sponsorizza volentieri queste ricerche dimostranti vantaggi anche modesti del proprio prodotto, perché sa bene che la maggioranza delle persone è portata più ad aderire ad una policy di prevenzione che prevede l’assunzione di un farmaco piuttosto che a correggere eventuali errori comportamentali (fumo, poco movimento) o dietetici (eccesso calorico, sovrappeso). Peccato, perché il buon senso oltre ad essere efficace…costa anche poco!

Giorgio Dobrilla