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Coronavirus: via da Sulmona o morte! Il grido degli eroi da balcone, ben lontani dalla battaglia Coronavirus: via da Sulmona o morte! Il grido degli eroi da balcone, ben lontani dalla battaglia
SULMONA – Naturalmente ospitare pazienti Covid-19 comporta dei rischi. Innanzitutto, però, mi esprimerei meglio: “affetti” da Covid-19. Che sapete, a questo mondo non ci... Coronavirus: via da Sulmona o morte! Il grido degli eroi da balcone, ben lontani dalla battaglia

SULMONA – Naturalmente ospitare pazienti Covid-19 comporta dei rischi. Innanzitutto, però, mi esprimerei meglio: “affetti” da Covid-19. Che sapete, a questo mondo non ci vuole niente a ghettizzare una minoranza, basta sottrarre un termine o una preposizione, insieme a dignità, valore, diritti ed esistenza reale. Comporta dei rischi? Naturale. Come in ogni ospedale, questo è il punto. Non esistono reparti che possano essere davvero impermeabilizzati da una cosa del genere. Del resto i malati vanno curati. E allora la soluzione sta nel mezzo, bisogna fare in modo di stare il più attenti possibile: il rischio potrebbe valere la candela, dal momento che anche in caso di contagio vi è il 2% delle possibilità di morire.

Il discorso può sembrare estremo e si andrà incontro a critiche pesanti. Ma la situazione non è di normalità, è di crisi acuta, e di conseguenza non si può ragionare diplomaticamente. Si ragiona, si comprende la situazione studiando i dati e si sceglie una via che escluda l’altra e che porti quanto prima alla vittoria.

Oltretutto questo continuo parlare di inadeguatezza dell’ospedale di Sulmona è controproducente oltre che non esattamente veritiero. Si dovrebbe comunicare tutt’altro e portare a proprio favore una situazione apparentemente negativa. E cioè cominciare ad imbastire un discorso fondamentale sulla importanza di un ospedale, quello di Sulmona, che è un punto di riferimento per 70 mila utenti. E sappiamo tutti come la posizione geografica possa comportare tempi lunghissimi per raggiungere altri ospedali, per esempio quelli sulla costa più attrezzati e all’avanguardia. Tutti argomenti che fino ad oggi non sono valsi a niente e non hanno fatto nemmeno gridare allo scandalo quelli che adesso puntano il dito. Che poi, abbiamo osservato quanto accaduto a Teramo, con medici ed infermieri contagiati. Inoltre il reparto in questione, quello sulmonese, è un reparto attrezzato e adeguato alla emergenza, secondo il Primario dott. Pace. Certamente in condizioni normali, non avendo un supporto di reparto malattie infettive, non verrebbe ricoverato un paziente affetto da Covid-19. Ma se l’emergenza comportasse una saturazione di tutti gli ospedali (come sta avvenendo in Abruzzo)? In questo caso anche strutture non perfette devono adeguarsi alla bisogna estrema. Altrimenti non resterebbe che abbandonare i malati in un ghetto e lasciarli al loro destino. Così accade: prima si usano gli ospedali e poi, via via, ci si arrangia al meglio.

Perché questa pandemia è così: contagia facilmente ma, del resto, uccide poco. Quindi noi dovremmo stringere i denti e combatterla a viso aperto poiché ci sono tutte le possibilità per sconfiggerla nel più breve tempo possibile.

Non ci sono ospedali adeguati a questa crisi: c’è chi si avvicina alla perfezione, ma il contatto è spesso necessario, e questo i medici e gli infermieri lo sanno perché sono già da tempo in prima linea e sono quelli che rischiano nell’immediato.

In queste ore va di moda affermare che “non si può fare la guerra senza armi”, in riferimento al fatto che un ospedale come quello sulmonese non potrà far altro che peggiorare la situazione, essendo impreparato. Noi lo riteniamo piuttosto un atto di codardia, vista la situazione di gravità. Ma la scelta è una soltanto, considerata la poca disponibilità di posti in terapia intensiva: curare o lasciar morire in un ghetto. Perché le nostre parole saranno suscettibili di critica feroce, ma la realtà è una sola ed è questa. A volte si deve scegliere fra vivere e morire senza possibilità di ragionamenti intermedi. Non si può essere eroi e patrioti quando ci fa comodo e lontano dalle trincee oppure essere antirazzisti in generale e peggio che razzisti nello specifico. E non posso usare un detto romano che a questo punto sarebbe molto adeguato.

RIFLESSIONE PER I CRISTIANI “PRATICANTI” – Non dimentichiamo che il Patrono dell’Italia è quel San Francesco D’Assisi che abbracciava i lebbrosi, fatto che simbolicamente vuol dire abbracciare Cristo nella misericordia. Bisognerebbe mettersi nei panni di quel malato che dentro un’ambulanza e lottando fra la vita e la morte viene cacciato dagli ospedali d’Abruzzo.

Buona domenica

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