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Consultazioni: il centrodestra sbrocca al Quirinale, Zingaretti si traveste da Grillino Consultazioni: il centrodestra sbrocca al Quirinale, Zingaretti si traveste da Grillino
L’impressione che si ricava dalle dichiarazioni dei leader dopo le consultazioni col Presidente Mattarella è che il Centro destra nel suo complesso non abbia... Consultazioni: il centrodestra sbrocca al Quirinale, Zingaretti si traveste da Grillino

L’impressione che si ricava dalle dichiarazioni dei leader dopo le consultazioni col Presidente Mattarella è che il Centro destra nel suo complesso non abbia digerito il colpo di mano, peraltro ancora da realizzarsi, tentato dal Movimento Cinque Stelle per contrastare la strategia di Salvini. Salvini, che ha utilizzato il Ministero degli Interni come palcoscenico e trampolino per liberarsi dello scomodo alleato e ripresentarsi all’elettorato come colui che ha ‘fermato l’invasione’ degli africani, ha parlato per ben 11 minuti, un record, ripetendo ossessivamente tre concetti (è la congiura delle poltrone, M5S e PD non possono governare insieme, in democrazia si va a elezioni) e non riuscendo in alcun modo a mascherare la perdita di quella sfrontata sicurezza che lo aveva caratterizzato nei mesi scorsi. C’è da dire che non ha affidato le consultazioni e le elezioni al Sacro Cuore Immacolato di Maria, forse perché memore della lezione subita in Senato da Conte. Conte che è stato attaccato come uomo di Trump, di Bruxelles, di Berlino e di Parigi, diventato tale, si suppone, negli ultimi 15 giorni, dato che il Caporale ne aveva sempre esaltate le qualità, rivendicando la bontà del lavoro svolto insieme a lui e a Di Maio. Si è notata anche la scelta di non rompere con il M5S, mai attaccato direttamente: Salvini riserva gli strali al Partito Democratico, e questo fa pensare che ritenga comunque possibile, o meglio necessario, un riavvicinamento fra il suo partito e la creatura di Beppe Grillo.

Giorgia Meloni per suo canto ha fatto la consueta sparata da bulletta di periferia, della serie ‘teneteme perché je meno‘, minacciando addirittura di far scendere in piazza le truppe di Fratelli d’Italia, che si suppongono minacciose e numerose (questo dopo che Salvini ha già annunciato che non ricorrerà alla piazza), in questo agevolata dalla consueta giornalista piddina Fusani, che ha preteso di spiegarle cosa poteva e non poteva dire, con la consueta e mai dismessa spocchia radical-chic.

Berlusconi si è superato, in 5 minuti scarsi è riuscito a dire che la Nuova Italia dovrà essere liberale e che dovrà basarsi sulle “privazioni” (come di consueto?) e su una riforma della giustizia in senso “giustizialista”: ripreso dalle sue dame, si è poi corretto, in senso “garantista”, ovviamente. Poi il taglio delle tasse e blablabla consueto.

Zingaretti ha avuto il suo momento ripetendo con convinzione alcuni slogan del Movimento 5 Stelle, redistribuzione, politiche per il Sud, fine dell’austerity, ed evitando accuratamente la questione migranti, il salario minimo e altri punti di probabile attrito fra i nuovi partner.

Infine Di Maio, che ha respinto l’accusa di essere un poltronaro (“altrimenti avrei accettato l’offerta della Lega, che ringrazio del pensiero, di diventare Presidente del Consiglio”) ed ha ovviamente evitato di citare Bibbiano, Banca Etruria e l’addio alla politica di Renzi.

Dunque, salvo improvvisi ripensamenti di Mattarella, Conte sta per essere reincaricato, ma un convitato di pietra incombe su tutti questi personaggi e sui loro piani.

Si chiama Rousseau, e sarà lui a decidere il futuro prossimo di questo Paese.

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