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Azzardopatia. Una guerra Socio/Economica Azzardopatia. Una guerra Socio/Economica
Anno 2018: 19 miliardi spesi dagli italiani in giochi d’azzardo. Oltre la metà con le slot. Anche nell’ottica di un cambio di “partner” governativo,... Azzardopatia. Una guerra Socio/Economica

Anno 2018: 19 miliardi spesi dagli italiani in giochi d’azzardo. Oltre la metà con le slot. Anche nell’ottica di un cambio di “partner” governativo, come sta evolvendo la battaglia del governo contro questo preoccupante fenomeno?

Analizzando l’aspetto economico vediamo i pro e i contro che comporteranno questa battaglia a livello socio/economico.

È chiaro che la lotta al gioco d’azzardo è destinato a determinare un calo tanto per le aziende del settore che per i loro partner commerciali, quanto infine per le casse dello Stato. Il ragionamento di Di Maio è legato però ai costi sociali dell’azzardopatia: in sostanza, ha spiegato, ciò che lo Stato incassa viene comunque speso per i costi sociali legati all’assistenza delle famiglie e delle vittime del gioco d’azzardo. In realtà, la tesi di Di Maio trova solo un parziale riscontro nei dati e rende urgente una riflessione più ampia sull’intero settore del gioco in Italia.

Cominciamo col dire che è molto complicato stabilire con precisione quanti siano i “malati di gioco in Italia”, come spiega l’indagine effettuata nel 2015 dal Dipartimento delle Politiche Antidroga: “Non vi sono dati statistici completi ed esaurienti sulle persone che soffrono di questo disturbo, anche perché il confine tra il comportamento fisiologico, che viene cioè considerato come attività ricreativa e piacevole ed accettato socialmente e quello francamente patologico, non è sempre ben delineato”. Il DPA aveva provato a fare dei sondaggi a campione, parlando di un 39% di “giocatori sociali”, un 7% di “giocatori problematici” e circa un 3% di giocatori patologici; grande attenzione, in questa e in altre analisi, era stata riservata alla popolazione giovane, più esposta al gioco d’azzardo, anche per la facilità dell’accesso al gambling online. Stando ad analisi successive del DAP i giocatori d’azzardo patologici “oscillano fra i 300 mila e il milione”, cifra quantificata in 800mila dall’Osservatorio sul fenomeno della dipendenza da gioco della Regione Toscana. La questione è complessa, anche perché spesso l’approccio, sanitario e della politica, segue spesso logiche discutibili, determinate dalla poca conoscenza dell’argomento.

A fronte di queste cifre, però, bisogna ricordare che le persone che sono attualmente assistite dai servizi per il gioco d’azzardo patologico sono poco più di 12mila. Ma non solo. Perché al momento, lo Stato spende “50 milioni di euro annui per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle patologie connesse alla dipendenza da gioco d’azzardo” (c’è un Osservatorio al ministero della Salute) e 50 milioni annui per il “Fondo per il gioco d’azzardo patologico-GAP, al fine di garantire le prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione delle persone affette”. Il fondo è ripartito su base regionale e tutte le proposte per aumentarne la dotazione (qui una delle Regione Lombardia che prevedeva di portarlo a circa 400 milioni annui) sono state bocciate. Insomma, spendiamo 100 milioni di euro a fronte dei circa 8 miliardi di euro di entrate. In che senso Di Maio parla di uscite ed entrate che si annullano?

Bisogna evidentemente distinguere fra i “costi diretti”, che sono essenzialmente quelli di cui abbiamo parlato finora, e i “costi indiretti”, che sono riconducibili agli “effetti” del comportamento dei giocatori nella loro vita pubblica e lavorativa. Di Maio fa essenzialmente riferimento al lavoro di Matteo Iori, che ha pubblicato un saggio dal titolo “Azzardopoli”, in cui quantificava in una cifra fra i 5,5 e i 6,3 miliardi di euro i costi sociali del gioco d’azzardo, includendo anche 1,9 miliardi di “costi di perdita della qualità della vita”. In particolare, i costi sociali sarebbero determinati dal fatto che i giocatori d’azzardo patologici perderebbero circa il 28% della loro capacità lavorativa, con conseguente calo del proprio reddito e del loro apporto sociale, così come aumenterebbero i costi determinati da “violenza, rischio di aumento di depressione grave, ansia, deficit di attenzione, bassa resistenza ad altri tipi di dipendenze, idee suicidarie”, connessi al gioco patologico.

Proprio questa è la contestazione delle aziende a Di Maio, con il responsabile di LeoVegas che chiede: “Ministro Di Maio, lei ha affermato che lo Stato italiano non guadagna nulla dalle entrate erariali provenienti dai giochi e scommesse (le ricordo che le entrate erariali sono state pari a 10,3 miliardi nel 2017), perché reinveste gli stessi soldi per curare la ludopatia. Può fornirci questi dati ufficiali? Può dirci quanto spende effettivamente lo Stato e quante sono le persone in cura per ludopatia?”

In ogni caso, tali cifre restituiscono il senso di quanto il gioco d’azzardo sia impattante per il tessuto sociale italiano, anche in considerazione del fatto che la propensione al gambling è maggiore per i giovani, gli individui meno scolarizzati e quelli appartenenti alle fasce reddituali più basse. Ma è bene considerare che parlare di “somma zero” fra entrate e uscite non è corretto, proprio perché non si tratta di cifre che è possibile mettere sul piatto della bilancia. Inoltre, non è possibile dire con certezza se il prevedibile calo delle entrate dovuto allo stop alla pubblicità si tradurrà in un calo dei “costi sociali” del gioco, anche considerando la possibile crescita del ricorso al gioco illegale, un settore che già vale circa 10 miliardi di euro secondo alcune stime.

Ecco i dati usciti oggi rispetto al 2018

Nel 2018 gli italiani hanno speso complessivamente 19 miliardi di euro, con il 55,2% (10,4 miliardi) finiti nelle casse dello Stato, come introiti erariali. A questi vanno aggiunte le imposte versate da concessionari, gestori ed esercenti, che quest’anno hanno registrato l’ennesima impennata. I dati arrivano dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli che ha pubblicato l’annuale “Libro Blu”, il rapporto sullo stato dei giochi in Italia. Il 62,6% delle entrate da gioco (oltre 6 miliardi di euro) proviene da slot-machine e videolottery, il 25,1% da Lotto e lotterie, mentre il restante 12,20% da altri tipi di giochi. E’ in forte aumento il numero dei siti web irregolari inibiti: 1.042 nel 2018 contro i 418 nel 2013, anche se sempre meno sono i tentativi di accesso (-82%). “Priorità dell’Agenzia – sottolinea il direttore Giochi dell’Adm, Roberto Fanelli – è il contrasto al gioco illecito, perché danneggia sia l’Erario, sia gli operatori corretti, sia i giocatori, che senza controlli non sono tutelati”.

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Fonti: Web